27 marzo 2020

Come siamo messi

Come tutti sanno, il numero dei contagi riscontrati negli Stati Uniti ormai supera gli ottantamila. Il centro dell'epidemia del Coronavirus è qui. Sarà come in Italia? Difficile a dirsi. Il territorio degli Stati Uniti è molto meno densamente popolato, quindi è più facile distanziarsi, che è in sostanza la soluzione fondamentale. È molto meno sicuro un autobus pieno di gente che un parco dove ci si muove. All'idea di Trump di tornare al lavoro dopo Pasqua ci s'indigna o si sorride. Io stesso, nella mia totale disistima, penso che la boutade sia solo un espediente per contenere gli allarmi in borsa; ma di economia so pochissimo (e sarebbe ora che mi documentassi di più, lo so). Non ho altro da dire, per ora.

Prima di salutarvi, pubblico la tabellina dei suggerimenti del New York Times, che è l'indice essenziale della situazione americana e delle reazioni istituzionali; mi sembrano suggerimenti molto sensati e possono valere non solo per gli americani.

  • Answers to Your Frequently Asked Questions

    Updated March 24, 2020
    • How does coronavirus spread?

      It seems to spread very easily from person to person, especially in homes, hospitals and other confined spaces. The pathogen can be carried on tiny respiratory droplets that fall as they are coughed or sneezed out. It may also be transmitted when we touch a contaminated surface and then touch our face.
    • What makes this outbreak so different?

      Unlike the flu, there is no known treatment or vaccine, and little is known about this particular virus so far. It seems to be more lethal than the flu, but the numbers are still uncertain. And it hits the elderly and those with underlying conditions — not just those with respiratory diseases — particularly hard.
    • What should I do if I feel sick?

      If you’ve been exposed to the coronavirus or think you have, and have a fever or symptoms like a cough or difficulty breathing, call a doctor. They should give you advice on whether you should be tested, how to get tested, and how to seek medical treatment without potentially infecting or exposing others.
    • What if somebody in my family gets sick?

      If the family member doesn’t need hospitalization and can be cared for at home, you should help him or her with basic needs and monitor the symptoms, while also keeping as much distance as possible, according to guidelines issued by the C.D.C. If there’s space, the sick family member should stay in a separate room and use a separate bathroom. If masks are available, both the sick person and the caregiver should wear them when the caregiver enters the room. Make sure not to share any dishes or other household items and to regularly clean surfaces like counters, doorknobs, toilets and tables. Don’t forget to wash your hands frequently.
    • Should I wear a mask?

      No. Unless you’re already infected, or caring for someone who is, a face mask is not recommended. And stockpiling them will make it harder for nurses and other workers to access the resources they need to help on the front lines.
    • Should I stock up on groceries?

      Plan two weeks of meals if possible. But people should not hoard food or supplies. Despite the empty shelves, the supply chain remains strong. And remember to wipe the handle of the grocery cart with a disinfecting wipe and wash your hands as soon as you get home.
    • Should I pull my money from the markets?

      That’s not a good idea. Even if you’re retired, having a balanced portfolio of stocks and bonds so that your money keeps up with inflation, or even grows, makes sense. But retirees may want to think about having enough cash set aside for a year’s worth of living expenses and big payments needed over the next five years.

21 marzo 2020

Scaffali vuoti agli Hamptons

Avere di fronte a casa un supermercato che vende il pane fresco mi ha un po' viziato: ogni due giorni mi posso permettere una pagnotta casereccia. Oggi, però, dietro la panetteria, al reparto frutta, ho trovato gli scaffali delle banane completamente vuoti. Capisco fare incetta di salviette e disinfettanti, ma di banane? Ho chiesto all'impiegato intento all'inventario, che mi ha risposto che la gente compra tutto quello che può. Ormai si vende in un giorno quanto in tempi normali si vendeva in tre. Sono quindi diventati difficili gli approvvigionamenti, perché se si ordina troppo la rete della distribuzione salta. Si cerca quindi il compromesso ogni volta, anche se restano vuoti tanti scaffali: banane, pasta, riso, ecc.

Long Island, in questo momento, però, se la passa anche peggio. Long Island è la parte della penisola a sud di Manhattan che, dopo Brooklyn e Queens, si protende verso est. Nella parte orientale, la penisola si biforca in due tronconi. Nel troncone meridionale, da Westhampton alla punta estrema di Montauk, hanno la loro residenza estiva, dove di solito trascorrono luglio, agosto e a volte parte di settembre, le famiglie facoltose dell'alta borghesia di Manhattan. Il turismo altolocato fa da volano all'economia locale, fatta, in sostanza, di servizi: ristoranti, negozi, bar e altre attività commerciali gestite da residenti locali che, ovviamente, vivono nelle cittadine di Long Island dodici mesi all'anno. È chiaro che i servizi essenziali per i residenti permanenti sono programmati sul loro consumo modesto di classe medio-bassa e di ranghi ridotti.

Di recente, però, tanti altolocati di Manhattan sono riusciti a sfuggire al lockdown della penisola e, rifugiatisi nelle case estive, spesso hanno piratato i servizi della popolazione locale, per decenni trattata come sottoposti o dipendenti, come racconta il servizio del New York Post. Una signora, consapevole di essere infetta da Coronavirus e contravvenendo all'ordine di non lasciare la città,  ha raggiunto Southampton e ha chiesto assistenza e ricovero a un ospedale minuscolo, con 125 posti letto di cui solo otto di terapia intensiva. Altri sono arrivati in aeroplano. A Manhattan avrebbero trovato un'assistenza migliore, ma la sindrome da fuga era irrefrenabile.

L'invasione è cominciata la settimana scorsa, racconta sempre il New York Post, quando ha raggiunto gli Hamptons (Westhampton, Southampton, Easthampton) e Montauk un'orda di SUV carichi di cibarie. I loro proprietari abbienti hanno quindi fatto incetta di congelatori di dimensioni enormi. Dopo di che, è cominciata la razzia nei supermercati, a carrettate di cibo da ottomila dollari a botta, lasciando gli scaffali vuoti, riferisce sempre il New York Post. È uno sconcio, commentano tanti, quando ci sono i vecchi che campano con gli assegni e i buoni della Social Security e si trovano senza poter comprare niente da mangiare. Perché negli Hamptons, per quanto famosi per il turismo altolocato, abita anche tanta gente povera; e qualcuno di loro addirittura nei trailerpark, gli stazionamenti permanenti delle roulotte e dei caravan.

Gli abbienti, però, sembrano pronti a tutto, pur di fuggire alla paura del Coronavirus. Appena annunciata la chiusura delle scuole private di Manhattan, le culle dell'alta borghesia newyorkese, agli Hamptons sono piovute le richieste d'affitto immediato di case e ville, senza badare a spese. Tra le richieste, c'è quella della piscina riscaldata: se fuori ci sono 28 gradi Farenheit (-3 gradi centigradi), l'acqua deve arrivare a 88 (31 centigradi). Tra i ricchi c'è voglia di far festa, come all'epoca del Grande Gatsby, che però andò a finir male (e va detto che finì male anche il suo autore, Francis Scott Fitzgerald, che si sentiva un po' Gatsby anche lui); e se vanno a finir male loro?

Pare però che i poveri locali abbiano una risorsa che ai predatori esterni manca: la solidarietà degli altri. Fuori stagione, baristi e camerieri aiutano gli anziani come possono. E poi, cosa che il New York Post non dice, ma lo so io, gli abitanti del luogo sono più simpatici. Tanti anni fa, sono andato anch'io in vacanza a Montauk, cinque giorni ad agosto, e ricordo i camerieri e la gente del posto molto più simpatica e molto meno tronfia dei borghesoni che pensavano d'aver diritto a tutto. Le sperequazioni sono sempre dannose.

19 marzo 2020

Il necessario

Ora che chiudono temporaneamente bar e ristoranti, che comunque servono ancora pasti da asporto, riapre altrettanto temporaneamente (pero quien sabe?) America al bar. Come ho già detto altre volte, non aspettatevi il commento autorevole ai fatti del giorno, perché quello è il compito dei corrispondenti dei giornali. Queste sono solo note di vita quotidiana e osservazioni "dal basso" (in molti sensi, compreso quello di appartamento abusivo a pianterreno della Napoli di Giuseppe Marotta ed Eduardo De Filippo, se vi piace) sulle reazioni all'emergenza Coronavirus.

Vero: chi cerca salviette disinfettanti, mascherine, fazzoletti, carta igienica e disinfettanti, rischia di trovarsi con gli scaffali vuoti. Ieri sera, al punto vendita della Target, il commesso mi ha detto che la prossima partita di salviette disinfettanti sarebbe arrivata solo il giorno dopo, cioè oggi, alle cinque e mezza del mattino. Perciò, mi consigliava di ordinarle in rete alle 5,46 e quindi di ritirarle alle otto, ora di apertura del negozio. Ammetto: non l'ho fatto. Sono andato qui vicino alla CVS (altro punto di una catena di grande distribuzione) e anche lì erano finite; ma c'era il Lysol liquido, che basta spruzzare sul panno-carta per pulire con eguale efficacia.

Per la verità, negli Stati Uniti il sistema della distribuzione lascia spesso a desiderare. Per i vestiti, devi sempre approvvigionarti mesi prima, perché i negozi non fanno magazzino ed esauriscono lo stock in fretta. Se hai bisogno di un maglione a febbraio, ti accorgi che ci avresti dovuto pensare a settembre o ottobre, perché sui banchi ci sono solo le rimanenze fuori taglia (sono rari gli americani 'small' e confesso di essere 'large' anch'io, ma da sempre) e a volte già le magliette estive.

È però anche vero che, ora come ora, le catene della grande distribuzione si stanno adoperando a fondo per provvedere i generi di prima urgenza per tutti e per razionalizzarne le vendite. Guanti isolanti, alcool e salviette vanno a ruba, ma ogni punto vendita ha messo una quota tassativa a questi generi: non più di una confezione per acquirente. Non so bene chi l'abbia stabilito, se lo Stato, la ditta distributrice o il negozio stesso; ma è una norma sensata e i commessi sono obbligati a farla rispettare, anche a costo di dover gestire le frustrazioni e gli umori difficili dei clienti.

Sono vuoti anche gli scaffali della farina e dello zucchero. Forse gli americani non si fidano più dei panettieri e dei pasticcieri; oppure, credo io, forse pensano, non senza ragione, che preparare le cose in casa possa diventare un bel passatempo per tutta la famiglia, visto che bisogna stare in casa e lavarsi ossessivamente le mani. Almeno si sta insieme e i bimbi imparano a fare qualcosa. E poi il pane di casa ha sempre un gusto diverso: "c'me 'na ciòpa fata in ca'", dicevano i versi nel dialetto di Bondeno di Luciana Guberti. Peraltro, con una certa sorpresa ho saputo che nel Massachusetts ci sono tanti immigrati dall'Emilia: Malaguti, Bulgarelli... Mi riprometto di indagare a fine epidemia.

No, qui non c'è la polizia per strada a monitorare chi va dove e perché, e ciò è una bella fortuna; ma noi americani stiamo fermi e non ci muoviamo più dello strettissimo necessario. Certo, coi test che scarseggiano e che non si sa bene dove cercare (un mio conoscente è stato mandato dal medico di base all'ospedale centrale e quindi dall'ospedale centrale al medico di base), qualche volta ci sembra di essere nelle mani... dei commessi!