02 ottobre 2022

Brutta razza, l'europea

Nell'Italia in cui sono cresciuto (1964-1990), quando anche il razzista Indro Montanelli diceva (a modo suo, chiaro) che non era mai esistita una razza italiana, certe cose non erano nemmeno pensabili. Oggi, invece, il "testo dell'argomento da discutere" (così sta scritto) scelto per la prova orale del concorso a cattedre D.D.G. 499 / 2020 per la classe di insegnamento A022 (italiano, storia e geografia nella scuola media inferiore) è La razza europea (in grassetto nel foglio).

Voglio sperare che si tratti della burla sinistra di un qualche oscuro funzionario, maligno e ottuso, coinvolto nel vortice del neofascismo sdoganato di recente. Comunque, ho deciso di svolgere la traccia orale per iscritto, anche perché sono già in possesso dell'abilitazione per le medie inferiori (A022) e superiori (A012) e quindi non temo bocciature.

La razza europea è brutta. Brutta dentro. Proprio come la fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo, così la bellezza è epidermica, ma la bruttezza penetra nel midollo. La razza europea deriva da secoli di invasioni di diversi gruppi etnici, quindi di guerre, di massacri, di stupri e di generazioni cresciute nell'odio e nel terrore; la pace, ormai finita, è durata meno di ottant'anni. La razza europea ha quindi passato secoli a scannarsi ed è arrivata, nel migliore dei casi, a spartirsi il territorio a seconda della professione religiosa: cuius regio, eius religio. Spiego: si sceglie dove vivere a seconda (geniale!) della diversa maniera di pregare lo stesso dio, quello del predicatore di Galilea crocifisso poco prima dell'eclisse, quel Gesù che secondo gli ebrei è blasfemo e secondo i mussulmani un profeta di Maometto. Per due maniere diverse di credere a chi diceva "Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi" (Giovanni 15,12) la brutta razza europea s'è scannata per trent'anni: 1618-1648. E questo è solo uno dei tanti esempi. Brutta razza, brutta razza davvero.

E visto che non le bastava nemmeno scannarsi sul suo suolo, la brutta razza è andata ad ammazzare altrove. Il mercante genovese che voleva "buscar el levante por el ponente" si accorse presto di essere capitato in un continente fuori dalle mappe e, vedendo gli indigeni tanto ingenui, pensò subito a come soggiogarli. Brutta razza, eh? Per la verità, gli eccidi veri propri li hanno fatti altri, come Hernan Cortes (1485-1547) e George Custer (1839-1876), ma è sempre quella brutta razza. In Africa, poi, la brutta razza ha fatto stermini su stermini, nella maniera più bieca e violenta possibile;  l'elenco sarebbe infinito e lo sfruttamento economico dura ancora oggi. Il medico africano che mi disse che i disagi dell'immigrazione di massa dall'Africa in Europa sono la conseguenza ben meritata della colonizzazione aveva ragione: l'è riva' al pagadèbit! 

E infatti si legge un episodio curioso nell'autobiografia del comico sudafricano Trevor Noah Born a Crime (Nato fuori legge: storia di un'infanzia sudafricana, traduzione di Andrea Carlo Cappi, Ponte delle Grazie, 2019): in Sudafrica è normale che i neri chiamino i loro figli (o i loro cani) Hitler. Per loro, Hitler è solo un nome nel libro di storia, il nome di un pericolo tanto grande da costringere l'uomo bianco a chiedere aiuto al nero per sconfiggerlo. In Sudafrica il nome è anche un augurio (nomen omen) e chiamare il proprio figlio (o il proprio cane) Hitler significa confermare il proposito di farlo crescere forte, violento e pronto a difendersi. In fondo, quei milioni di ebrei morti che tanto scandalizzano la razza europea sono meno di quello che la brutta razza ha fatto in Africa e magari, forse pensano là, con qualche altro milione di brutta razza in meno sul groppone si starebbe anche meglio, o se non altro meno peggio; e avrebbero ragione. Un bel vivere, non c'è che dire.

In conclusione, la brutta razza fa schifo e le altre non sono meglio. E ai buonisti che dicono che esiste solo la razza umana rispondo che quella è la peggiore di tutte e che, se anche avesse tutta un pigmento epidermico unico, sicuramente troverebbe una qualche scusa per dividersi in gruppi ostili e farsi la guerra fino allo sterminio; lo vediamo tutti i giorni, perché lo fa anche adesso. Sarebbe più degno estinguersi e lasciare il pianeta agli scarafaggi, dicono i filosofi del post-umano, che però si guardano bene dal dare l'esempio e morire per primi. Perciò non resta che consolarsi con chi fa meno schifo, cioè con chi cerca di dissipare l'odio delle brutte razze con un po' di scetticismo e di compassione: chi avverte i soldati che alla guida del plotone c'è sempre il nemico (Bertold Brecht), chi mostra l'eccidio del villaggio indigeno americano attraverso gli occhi di un bimbo scioccato e incredulo (Fabrizio De André), chi ha sempre e da sempre il coraggio di parlare di pace anche nelle situazioni più difficili (Papa Francesco). È poi tanto difficile cercare di fare un po' meno schifo?