23 gennaio 2016

1984 + 32? Aspetta, aspetta, non me lo dire...

Il sabato mattina gli americani tengono la radio accesa (e anch'io) e fanno le pulizie (anch'io, qualche volta; qualche volta le faccio in altri momenti). A mezzogiorno comincia un programma di quiz di solito molto spiritoso basato sulle notizie della settimana e intitolato Wait, wait, don't tell me (aspetta, aspetta, non me lo dire). Ammetto: mi fa fare volentieri quattro risate (ma con Sarah Palin e Donald Trump c'è meno da ridere di quanto si creda). Oggi, però, è successo qualcosa di diverso. Uno dei giochetti consiste nell'indovinare, tra tre storie al limite dell'assurdo, quella vera. Le storie di oggi erano queste:


1: la tradizionale gara di sillabazione (spelling) delle quinte elementari non trovava sponsor, fino a quando non s'è fatta avanti l'Ikea, che si è offerta di coprire le spese anche di ripresa televisiva, a patto però che i ragazzini gareggiassero non col lessico inglese, ma solo coi nomi dei mobili prodotti dalla fabbrica.

2: dopo anni di declino, il tasso di natalità del Giappone è finalmente aumentato a causa di un programma televisivo con lo scopo preciso di distrarre i bambini e consentire quindi ai genitori una mezz'oretta di intimità (chiedendo peraltro ai bimbi di far chiasso, per attutire quello eventuale dei genitori). 

3: nella ripresa televisiva del dibattito all'ONU sul clima l'intervento del primo ministro svedese è stato erroneamente doppiato dal dialogo di un cartone animato. 


Qualsiasi persona di buonsenso capisce che l'unica storia appena plausibile è la terza: può capitare che la regia avvii il nastro sbagliato per errore, mentre le altre due presuppongono il proposito di modificare i comportamenti della gente (bimbi o genitori che siano) da parte di un'entità di controllo politico o economico. E infatti la storia vera è la terza. Però anche solo presentare come termini di confronto le altre due è una maniera per abituare la gente prima alla possibilità e quindi alla realtà di un effettivo controllo mediatico-commerciale sulle vite umane. Prima ci si scherza, poi, alla fine delle risate, lo scherzo diventa realtà senza che la gente protesti e attraverso la televisione l'ingranaggio del commercio mondiale entra nella vita e la manipola a proprio vantaggio. 

Potrei consigliare sempre il vecchio romanzo di George Orwell Nineteen Eighty-Four (o, in italiano, 1984); faccio però notare che, nonostante la vulgata critica, ho forti dubbi che si tratti di una mera critica dello stalinismo. Perché? Perché George Orwell già negli anni trenta, cioè molto prima di scrivere il romanzo, vedeva nel colosso commerciale dell'Inghilterra il pericolo della sua capacità di compromettersi su tutti i fronti (Germania nazista compresa). E poi, se si guarda la geopolitica del 1984 orwelliano, i continenti in guerra sono Eurasia, cioè l'Europa continentale, e Oceania, cioè l'alleanza di ferro Inghilterra-Stati Uniti. 

Uno degli ultimi grandi lettori di Orwell, il giornalista e saggista inglese Christopher Hitchens, pubblicò un libro indicativo già nel 1990 (verso la fine dell'era Reagan-Thatcher): Blood, Class, and Empire: the Enduring Anglo-American Relationship (Farrar, Strauss & Giroux, e quindi Nation Books, 2004, per l'edizione riveduta). "Enduring": il rapporto perdura, cioè esiste da tempo, forse proprio dai tempi di Orwell, che nel suo ultimo romanzo (scritto praticamente in punto di morte) voleva dimostrare che un certo regime resiste anche al socialismo e riesce a piegarlo alle sue esigenze, anche inventandosi una neolingua per sopprimere i termini scomodi. Come si chiama questa forma politica? Aspetta, aspetta, non me lo dire...