Le notizie sono già ben conosciute, ma oggi, per l'ultima volta, dico la mia.
L'imbecille col berretto di pelo alla Davy Crockett, le corna e il volto dipinto che s'è fatto ritrarre dalle telecamere nella sala del Senato mi interessa poco e lascio agli italiani residenti in patria il riscontro della somiglianza coi protagonisti delle carnevalate barbariche della Lega Nord. Segnalo solo che si chiama Jake Angeli e che probabilmente appartiene al sostrato italo-amero-fascista da cui Mirko Tremaglia pensava di pescare voti con la sua nota legge.
Invece, più della manifestazione violenta (comunque grave), mi preoccupa la mancata risposta della polizia, intervenuta solo molto tardi, quando i manifestanti erano già dentro. È vero: è stata colpita a morte una donna che cercava di arrampicarsi per il vano del vetro rotto di una porta che dava alle sale interne. Dal minuto 0:45 di questo video
si capisce bene che si tratta di cecchinaggio. Nessuno aveva intimato l'alt: molto probabilmente il cecchino non voleva farsi riconoscere per paura delle reazioni degli altri manifestanti e, sparando, voleva impedire l'accesso a stanze che, per una qualche ragione andavano protette comunque. Peggio di così...Peggio di così sarebbe stato possibilissimo: se a manifestare fossero stati i militanti di Black Lives Matter, ci sarebbe stata una carneficina che nemmeno voglio immaginare. C'è qualcosa di profondamente e ineradicabilmente razzista alla base dell'identità americana, bianca ed egemone, che solo con Trump è emersa in tutta la sua violenza. Lascio il paragone col fascismo a chi ne sa più di me e mi limito a osservare che anche durante la marcia su Roma Vittorio Emanuele III non volle firmare il decreto di stato d'assedio, quello che invece era stato firmato nel maggio del 1898 da Antonio di Rudinì durante i moti socialisti a Milano, che autorizzò l'azione militare contro i manifestanti e quindi più di ottanta morti tra i civili. Ai fascisti si spiana sempre la strada e ai socialisti la si sbarra. C'è di che riflettere.
Dietro il motto Make America Great Again dei berrettini rossi dei seguaci di Trump c'è la voglia di restaurazione del volto egemone, bianco, maschio e capitalista dell'America "una, bianca e santa, come la democrazia." Sì, è solo una canzone italiana ("Shampoo" di Gaber e Luporini), ma sottolinea bene l'immagine dell'America protettrice dell'Europa liberale dalla minaccia sovietica, un'immagine che andava accettata in blocco e non discussa. Oggi, l'immagine è in crisi sia sul fronte interno, dove le cosiddette minoranze etniche cominciano ad acquistare numeri e importanza, sia su quello internazionale, dove, a ridosso di un prestigio culturale ancora saldo (ma manca la legittimazione di un'Europa che comunque conta sempre meno) la supremazia economica difesa per decenni dalle foreign wars scema sempre più.
Ovvio, l'America sta ricorrendo ai ripari. Trump s'è reso colpevole di sedizione, ma il processo di esautorazione previsto dal venticinquesimo emendamento costituzionale è talmente macchinoso da non poter essere portato a termine prima del prossimo 20 gennaio, data del passaggio effettivo delle consegne. Nel frattempo, i partiti si stanno riorganizzando, come riassume l'editorialista Mike Davies. I repubblicani si stanno allontanando da Trump per riavvicinarsi alla grande industria che, dopo aver approfittato dei tagli alle tasse, ha cominciato a prendere le distanze durante il periodo elettorale. Parimenti, i democratici di Biden si sono schierati coi moderati e quindi col grande capitale, tenendo ben lontani dal governo i progressisti seguaci di Bernie Sanders ed Elizabeth Warren, a cui avevano promesso tanto invano. Si tornerà a un'epoca come gli anni novanta, coi diritti civili difesi a spada tratta, perché tanto costano poco, e quelli sociali trascurati, perché costano soldi, che invece devono restare nelle tasche dei ricchi. E i trumperos faranno fronda e continueranno a ricattare il partito repubblicano per avere le loro concessioni, e Donald Trump in persona li adopererà per il suoi interessi. Non so che cos'altro (mi) resti da dire.