È ormai di qualche anno fa il tormentone di Gioele Dix: "Io sono un automobilista, ed essendo un automobilista sono sempre e costantemente inc... come una bestia". E anche se l'amabile Gioele non era sempre credibile (sembrava passare il tempo a far chilometri e basta, senza una meta precisa; con quello che costa in Italia la benzina?) aveva ragione su un punto: l'automobile induce all'ira. Mi han detto di un parroco coreano che ha venduto la vettura regalatagli dalle donazioni dei parrocchiani per non ritrovarsi a peccare oltre il ragionevole.
Chissà cosa capiterebbe all'automobilista di Gioele sulle autostrade americane. Vero, per gli americani, noi italiani guidiamo da scriteriati, a velocità impensabili (altrimenti a che ci servono Ferrari e Maserati?) e magari ridendo e scherzando coi passeggeri; o addirittura cercando di sedurli o di toccarli, come ci viene imposto dallo stereotipo del maschio latino. Dianne Hales, l'autrice di La bella lingua: My Love Affair With Italian, the World's Most Enchanting Language, racconta di essere stata accarezzata ripetutamente dal tassista che, al suo primo viaggio a Firenze, l'accompagnava all'albergo. Ma le credo poco: per quanto fosse avvenente la signora Hales in gioventù, in Italia il cambio manuale delle marce occupa parecchio chi è alla guida e investire un passante fiorentino, per un tassista, sarebbe stato comunque controproducente.
Una cosa è certa: l'automobilista italiano (o tedesco) è di solito attento, concentrato e deciso ad arrivare a destinazione il prima possibile. Fuori fa bel tempo, è una bella giornata e quindi cerchiamo di rinchiuderci nell'abitacolo il meno possibile: via a tutto gas! Quindi le autostrade sono ben fornite di segnalazioni ossessive: FERRARA NORD KM. 5, FERRARA NORD KM. 2 , FERRARA NORD KM. 1, FERRARA NORD m. 500. Poi, all'uscita, due pannelli in alto (a sinistra BOLOGNA e a destra FERRARA NORD) e uno in basso proprio sullo spigolo del bivio: FERRARA NORD >. Impossibile sbagliare con una segnaletica fatta apposta per Niki Lauda (peraltro prudentissimo sulla strada) o per mio papà (prudentissimo anche lui, beninteso).
Al contrario, l'automobilista americano è lento, pacioso e spesso distratto, forse perché per lui le distanze sono sempre enormi (a Los Angeles avere il lavoro a due ore di macchina è quasi normale). La guida è quindi una delle tante vessazioni che servono a scontare il peccato originale (cultura puritana-protestante) e quindi non ci sono scorciatoie: tutti pianin pianino a sorbirci tutta la strada che bisogna fare. E tutti in coda: la punizione deve esserci per tutti (e infatti, quando un mio collega di una università in Texas spiegò che ci sono confessioni cristiane in cui tutti vengono perdonati e vanno in paradiso, una signora che lo ascoltava si mise a picchiare i pugni sul tavolo: "No, no, no, no, no!").
Quindi in America si va piano, in teoria. Dal 1995 non c'è più il limite nazionale di 55 miglia orarie (circa 90 km/h) in autostrada istituito nel 1973 a seguito della crisi petrolifera (e i consumi delle vetture dell'epoca sarebbero oggigiorno impensabili). Oggi si arriva a 65 miglia (105 km/h), ma ci si può spingere con prudenza fino a 75 (120 km/h), contando sulla tolleranza della polizia, spesso strategicamente appostata e fornita di pistola radar (no, qui non c'è l'autovelox), che però, se magari nota che l'automobilista rallenta, lascia correre. In alcuni stati è addirittura legale l'apparecchio segnala-radar, chiamato appunto radar detector o meno formalmente Fuzzbuster. Insomma, chi vuol correre, in sostanza può.
Il problema è un altro. È vero che, come dice una vecchia barzelletta delle province italiane, in America hanno strade enormi e le chiamano "strit"; ma, anche se le autostrade hanno tre o quattro corsie per senso di marcia, non si capisce mai quale sia l'impiego proprio di ogni corsia. Dove si marcia normalmente? Dove si sorpassa? Le auto camminano fianco a fianco, mentre da dietro ne arrivano altre di gran carriera. Non si sposta nessuno anche se, su tre o quattro corsie, quelle di destra sono notoriamente libere. Perché?
Ci vuole un po' di psicanalisi rudimentale: 1) c'è un rimosso, cioè qualcosa che non vogliamo ammettere e che quindi depositiamo nel subconscio; 2) quando c'è un imperativo è segno che la società, per qualche ragione, va in senso opposto; per esempio, "non uccidere" significa che in giro la voglia d'ammazzare c'è.
1) Il "grande rimosso" è la categoria di veicolo lento. Nel paese della velocità, dove Marinetti e i futuristi avrebbero gongolato, nessuno vuole pensare di essere "lento" anche se va a sessanta all'ora in autostrada; quindi non occuperà mai il ghetto della corsia di destra di una strada a più di due corsie. Anche gli autoarticolati, che a destra starebbero ben comodi e causerebbero meno danni, debbono per forza sgomitare e accelerare (anche perché hanno tabelle di marcia da staffetta militare greca a Maratona, altrimenti perdono la commissione).
2) L'imperativo è ben espresso nei cartelli autostradali, che dicono: "Please use the left lane for passing only". Per favore usate la corsia di sinistra solo per il sorpasso. Ma chi si mette a sinistra non sorpassa, spesso perché non ci riesce; e non ci riesce perché chi gli è a destra accelera. Da bocciare all'esame della scuola guida? Forse, ma nel subire il sorpasso risorge il rimosso: "No, sono troppo lento!" E allora l'autista sorpassato tenta il rimedio in extremis e accelera. Vedendosi spiazzato, il sorpassante tenta di accelerare ancora di più, ma teme di sforare non solo il limite legale dei 105 orari, ma anche quello morale del 120. Eccoli lì, bloccati, paralleli. Lentamente, il sorpassante decelera per mantenersi nei limiti accettabili, mentre il sorpassato, vedendo recedere la minaccia del sorpassante, rallenta a sua volta. Proseguono quindi paralleli, a velocità ridotta, bloccando file di autoveicoli che li tallonano e quasi li tamponano. Ormai gli ex-avversari sono alleati: questo sorpasso non s'ha da fare.
L'automobilista di Gioele Dix andrebbe in bestia subito. Io, con la mia minima Ford Focus rossa, mi allineo nella corsia di destra e di solito eludo tutto e circolo tranquillo. Però mi viene in mente che tanti che si erano trasferiti proprio a Los Angeles e avevano accettato il pendolarismo sfrenato in automobile adesso hanno perso il lavoro. La signora Mary Carmen Acosta, che un tempo cesellava gioielli, ora si mette in strada con un camioncino azzardato a vendere ghiaccioli fatti in casa. Nei giorni migliori, la signora realizza i 120 dollari che, al netto dei 50 di spese di preparazione, le consentono di barcamenarsi; quando fa freddo, però, e dalla rampa dell'autostrada vede i tanti mendicanti, si chiede quanto non le converrebbe mettersi al posto loro. E tutto questo per le banche private a cui lei e il marito hanno chiesto i prestiti per la casa, che hanno causato il crack del 2009, quando gli Acosta hanno perso il lavoro (la notizia è del New York Times di sabato 10 maggio scorso). E infatti il tasso di disoccupazione in California è del 10%; quello delle famiglie al di sotto della soglia di povertà a poco meno del 20.
Perciò conviene usare molta prudenza prima di mettersi sulla strada dell'America; anche perché, da quello che mi dicono in giro, sono adirati come bestie anche tanti non-automobilisti.
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