PRIMA FAVOLA:
C'era una volta
una signora giovane, di trent'anni circa, che sedeva su una panchina della
metropolitana di New York, alla fermata della 14a strada della linea 1, e aveva
coperto il posto vicino al suo col New York Times della domenica. Quando, con
un immenso fascione di giornali gratuiti raccolti in giro per Manhattan, mi
avvicinai e mi misi a guardare il posto occupato, la signora raccolse il giornale per farmi sedere. Seduto, sfogliando il mio fascione,
mi accorsi di avere due numeri della Village Voice; ne offersi uno alla
signora, che s'indignò e andò a sedersi altrove. Salii sul treno e smontai alla
125a, vicino a casa. Smontò anche la signora e la salutai. Lei non rispose e
affrettò il passo; io la sorpassai per dissipare ogni dubbio che la seguissi,
ma sembrava però lei a seguire me. Entrai nello stabile dove abitavo e mi fermai con la
portinaia, Ruth, che conoscevo da tempo. La signora entrò e passò in fretta
oltre la portineria. Il giorno dopo, di ritorno dal lavoro, trovai Ruth, la
portinaia, che mi chiese: "Andrea, che cos'ha fatto ieri a quella povera
signora?" "Quale povera signora?" "Quella che è entrata
ieri sera dopo di lei." "Ah, le ho offerto una Village Voice: ne
avevo due..." Ci presentarono e gli equivoci si chiarirono. "Si vede
proprio che lei viene da in una cittadina di provincia," mi disse la
signora: "questa è New York"; le risposi che, se proprio avessi
voluto incantonarla, non l'avrei certo fatto in un luogo pubblico, in mezzo
alla gente. Non rividi più quella signora; mi dissero che aveva sposato uno
spagnolo di alto rango.
Morale: siamo
tutti un po' prigionieri delle nostre paure, magari prudenti e giustificate, ma
non sempre rispondenti alla realtà.
SECONDA FAVOLA:
C'era una volta
una signora alta e statuaria, chiamata Walda, che abitava nello stabile vicino
al mio a New York. Una mattina, trovandomi senza niente per far colazione se
non un po' di caffè, scesi al negozio a due isolati a prendere due crafen (di
solito me ne basta uno, ma stavo traslocando e, a furia di trasportar casse di libri, magari mi sarebbe piaciuto un
rinforzo a metà mattina). Tornando col sacchettino della colazione, trovai
davanti a casa sua la signora Walda, che guardava dritto davanti a sé.
"Come va?" chiesi timidamente. Lei rispose adirata: "Malissimo, grazie! La polizia è
venuta a darmi lo sfratto alle quattro del mattino e sono dovuta scendere in
casa da mia madre al piano di sotto, poi lei s'è svegliata e ci ho messo un'ora
a farla riaddormentare! Non ho chiuso occhio!" Nell’imbarazzo, alzai il
sacchettino bianco e le chiesi: "Vuole un crafen?" “Eh! Per la verità
un crafen ci starebbe proprio bene!". Aveva cominciato a sorridere. Si mise a mangiare di gusto e, sorridendo sempre di più, girò
gli occhi verso di me: "Grazie!"
Morale: basta
poco per sorridere e far sorridere.
TERZA FAVOLA
New York, fine
dicembre 2002. Tornavo a tarda notte dal congresso dell’Associazione di Lingue
e Letterature Moderne con una sporta di libri regalatimi dalla Simon &
Schuster (un grosso gruppo editoriale americano, paragonabile al
Bompiani-Sonzogno-Etas come importanza nazionale) che doveva liberare gli
scaffali dello stand. Avevo tutto Kundera in inglese, più qualcosa di John
Fante e altri scrittori americani che mi interessavano. In metropolitana passò
uno dei tanti mendicanti a chiedere l’obolo e, come mio solito, gli lasciai un
dollaro. All’altro lato della carrozza, un signore in abiti piuttosto malmessi
lasciò al mendicante più o meno sei dollari. Mi sembrò un gesto fuori luogo, ma
poi l’uomo cominciò: “Anch’io ero povero in canna e chiedevo
l’elemosina. Ora ho un lavoro e posso permettermi un appartamentino in affitto,
sono così contento…” “Le piace leggere?” gli chiesi. “Sì,” mi rispose, “mi
piace proprio”. “E allora perché non accetta questo?” e gli misi in mano Ask the Dust di John Fante (tradotto in
italiano da Elio Vittorini come Il
cammino nella polvere). “Grazie! Grazie infinite! Che bello! Lo comincio
stasera…” E scese dalla carrozza saltellando di gioia (e io vi rimasi, pentito di non avergliene dati altri).
Morale: spesso
diamo risorse e privilegi per scontati e ci accorgiamo di goderne solo quando
li condividiamo.
La vita è come un affacciarsi alla finestra, cioè molto breve, diceva Enzo
Biagi. Perciò, se siamo tutti alla finestra, almeno salutiamoci sorridendo, conversiamo tra noi, offriamoci
un po’ di aiuto, di comprensione e di solidarietà. Perché fan presto a
richiamarci in casa.
Nessun commento:
Posta un commento