08 agosto 2012

Tre favole



PRIMA FAVOLA:

C'era una volta una signora giovane, di trent'anni circa, che sedeva su una panchina della metropolitana di New York, alla fermata della 14a strada della linea 1, e aveva coperto il posto vicino al suo col New York Times della domenica. Quando, con un immenso fascione di giornali gratuiti raccolti in giro per Manhattan, mi avvicinai e mi misi a guardare il posto occupato, la signora raccolse il giornale per farmi sedere. Seduto, sfogliando il mio fascione, mi accorsi di avere due numeri della Village Voice; ne offersi uno alla signora, che s'indignò e andò a sedersi altrove. Salii sul treno e smontai alla 125a, vicino a casa. Smontò anche la signora e la salutai. Lei non rispose e affrettò il passo; io la sorpassai per dissipare ogni dubbio che la seguissi, ma sembrava però lei a seguire me. Entrai nello stabile dove abitavo e mi fermai con la portinaia, Ruth, che conoscevo da tempo. La signora entrò e passò in fretta oltre la portineria. Il giorno dopo, di ritorno dal lavoro, trovai Ruth, la portinaia, che mi chiese: "Andrea, che cos'ha fatto ieri a quella povera signora?" "Quale povera signora?" "Quella che è entrata ieri sera dopo di lei." "Ah, le ho offerto una Village Voice: ne avevo due..." Ci presentarono e gli equivoci si chiarirono. "Si vede proprio che lei viene da in una cittadina di provincia," mi disse la signora: "questa è New York"; le risposi che, se proprio avessi voluto incantonarla, non l'avrei certo fatto in un luogo pubblico, in mezzo alla gente. Non rividi più quella signora; mi dissero che aveva sposato uno spagnolo di alto rango. 

Morale: siamo tutti un po' prigionieri delle nostre paure, magari prudenti e giustificate, ma non sempre rispondenti alla realtà.


SECONDA FAVOLA:

C'era una volta una signora alta e statuaria, chiamata Walda, che abitava nello stabile vicino al mio a New York. Una mattina, trovandomi senza niente per far colazione se non un po' di caffè, scesi al negozio a due isolati a prendere due crafen (di solito me ne basta uno, ma stavo traslocando e, a furia di trasportar casse di libri, magari mi sarebbe piaciuto un rinforzo a metà mattina). Tornando col sacchettino della colazione, trovai davanti a casa sua la signora Walda, che guardava dritto davanti a sé. "Come va?" chiesi timidamente. Lei rispose adirata: "Malissimo, grazie! La polizia è venuta a darmi lo sfratto alle quattro del mattino e sono dovuta scendere in casa da mia madre al piano di sotto, poi lei s'è svegliata e ci ho messo un'ora a farla riaddormentare! Non ho chiuso occhio!" Nell’imbarazzo, alzai il sacchettino bianco e le chiesi: "Vuole un crafen?" “Eh! Per la verità un crafen ci starebbe proprio bene!". Aveva cominciato a sorridere. Si mise a mangiare di gusto e, sorridendo sempre di più, girò gli occhi verso di me: "Grazie!"

Morale: basta poco per sorridere e far sorridere.


TERZA FAVOLA

New York, fine dicembre 2002. Tornavo a tarda notte dal congresso dell’Associazione di Lingue e Letterature Moderne con una sporta di libri regalatimi dalla Simon & Schuster (un grosso gruppo editoriale americano, paragonabile al Bompiani-Sonzogno-Etas come importanza nazionale) che doveva liberare gli scaffali dello stand. Avevo tutto Kundera in inglese, più qualcosa di John Fante e altri scrittori americani che mi interessavano. In metropolitana passò uno dei tanti mendicanti a chiedere l’obolo e, come mio solito, gli lasciai un dollaro. All’altro lato della carrozza, un signore in abiti piuttosto malmessi lasciò al mendicante più o meno sei dollari. Mi sembrò un gesto fuori luogo, ma poi l’uomo cominciò: “Anch’io ero povero in canna e chiedevo l’elemosina. Ora ho un lavoro e posso permettermi un appartamentino in affitto, sono così contento…” “Le piace leggere?” gli chiesi. “Sì,” mi rispose, “mi piace proprio”. “E allora perché non accetta questo?” e gli misi in mano Ask the Dust di John Fante (tradotto in italiano da Elio Vittorini come Il cammino nella polvere). “Grazie! Grazie infinite! Che bello! Lo comincio stasera…” E scese dalla carrozza saltellando di gioia (e io vi rimasi, pentito di non avergliene dati altri).

Morale: spesso diamo risorse e privilegi per scontati e ci accorgiamo di goderne solo quando li condividiamo.


La vita è come un affacciarsi alla finestra, cioè molto breve, diceva Enzo Biagi. Perciò, se siamo tutti alla finestra, almeno salutiamoci sorridendo, conversiamo tra noi, offriamoci un po’ di aiuto, di comprensione e di solidarietà. Perché fan presto a richiamarci in casa. 

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