15 aprile 2020

Uomini e donne al potere: risposta a Giulia Eugaddi

Mi scrive oggi Giulia Eugaddi, dell'Università di Urbino:

According to Forbes, the pandemic going on around the world nowadays seems to be more controlled in some areas of the world where roles of power are covered by women, and it’s not a coincidence.

Scientific data show that women have an alternative style of leadership compared to men, based on collaboration and harmony. Therefore, they don’t obtain respect by blaming others for their mistakes, preferring to emphasize collaboration rather than conflict. This new style of leadership is in stark contrast with the general assumption that successful women cover top management positions just because they are emulating men, pointing out, especially in humanitarian emergencies, how this alternative way of problem-solving performs extremely well.

In particular, this article is showing us that several countries in northern Europe such as Finland, Norway or Germany, and some others in the opposite part of the world, like New Zealand and Taiwan have in common just one thing: women leaders. Indeed, what these female-driven governments did was to promptly put into action effective policies to prevent their citizens from getting sick and simultaneously communicate to all the members of the society, starting from kids, how to stay safe during the pandemic.

Genuinely, an opposite decisional process compared to men leaders such as Trump or Bolsonaro, that have opted for an aggressive strategy that seems not to be working so well, especially in the US where the number of infected people is increasing. (see Trump’s reaction to Fauci’s comments about the virus)

Witnessing the process of women making the first step in the historically male-dominated fields such as politics, make us hope that gender disparities will disappear in the foreseeable future in order to create an equal society able to understand the positive aspects of each gender.

“Leadership is based on elements such as intelligence, curiosity, empathy and integrity. Qualities that have nothing to do with gender”

Resources:

https://hbr.org/2020/04/7-leadership-lessons-men-can-learn-from-women

https://www.forbes.com/sites/avivahwittenbergcox/2020/04/13/what-do-countries-with-the- best-coronavirus-reponses-have-in-common-women-leaders/#556074a3dec4

Intanto, devo subito segnalare un'inesattezza: non ci sono dati scientifici a definire lo stile femminile di gestione del potere, ma solo valutazioni anche attente e per molti versi corrette dei giornalisti di Forbes. Quindi non c'è niente di incontrovertibile (né di falsificabile, direbbe Popper). Vero: le donne al potere hanno dichiarato uno stile molto più adatto e consono all'emergenza Covid-19 rispetto ad altri uomini al potere.

Il problema è che il condivisibilissimo pistolotto finale, cioè che le qualità fondamentali di un leader, (intelligenza, curiosità, empatia e integrità) siano equamente distribuite tra uomini e donne, è in chiara contraddizione con le tesi (altrettanto condivisibili) degli articoli, cioè che le donne dimostrino queste qualità e gli uomini no. Potrei rispondere che, quarant'anni fa, a spingere sul pedale dello stoicismo e dell'individualismo ("society does not exist") era proprio una donna, Margaret Thatcher, che uscì dall'ombra sconfiggendo con l'esercito le pretese argentine sulle Isole Falkland e convincendo così del proprio valore e soprattutto della propria determinazione il conservatore maschilista Enoch Powell, un Trump che conosceva il greco antico.

Risponderò invece che la tesi implicita (e in sé condivisibile) che ci vorrebbero più donne al potere va raffinata. In realtà, le donne non mancano; e non tutte si comportano come vorrebbero far credere gli articoli. Sarah Huckabee Sanders, già addetto stampa di Trump, e Betsy DeVos, ministro (ministra, se volete) dell'istruzione sono borghesi e razziste quanto il loro capo di gabinetto, se non peggio. E io non mi sono mai fidato nemmeno di Hilary Clinton.

È altrettanto vero, però, che c'è un razzismo e un sessismo residuale fortissimi e che almeno dall'epoca dell'amministrazione Reagan (la controparte americana di Margaret Thatcher) l'idea del potere s'è avviluppata sul modello del sopruso violento. Trump è stato eletto proprio perché nel suo show televisivo "The Apprentice", dava corpo proprio al capetto-kapo facile al sopruso e al mettere i suoi dipendenti l'uno contro l'altro, dandola vinta a chi faceva la voce più grossa e aveva il coraggio di essere violento. Chiunque abbia una pratica minima anche solo di lavoro di gruppo sa benissimo che si va avanti a sforzi collettivi e non a rivalità interne; ma la lotta di tutti contro tutti risponde alle paure più recondite di una cultura che vede nelle armi un bene di rifugio e nel maschio armato il baluardo estremo a difesa di quella che Giorgio Agamben chiama "vita nuda".

Il comportamento di Donald Trump, purtroppo, non ha spinto gli americani ad esaminare il loro subconscio e a fare i conti con la violenza originaria da cui sono sorti, cioè il genocidio delle popolazioni indigene in virtù (lo dicevo anche rispondendo a Sara Quaranta) di un destino manifesto della nazione americana, che doveva espandersi verso ovest. Chissà perché, a me il falso biondo di Trump ricorda la chioma iconica del Generale Custer, uno degli uomini più crudeli della storia. Però questo è un altro capitolo.

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