10 febbraio 2013

La cassetta di Charlie Brown

La conosciamo in tanti: è la cassetta postale di Charlie Brown, vuota e con la ribalta aperta. Lui è di fronte, con un'espressione delusa, ma non sorpresa, come se si trovasse di fronte all'ennesima riconferma delle sue aspettative: San Valentino arriva e nessuno gli scrive. Tra una nevicata e l'altra, il 14 febbraio si avvicina e quasi di sicuro Charlie Brown si ritroverà ancora solo di fronte alla cassetta vuota. Tranquillo, vecchio amico Charlie! Se è per questo, nessuno ha mai scritto nemmeno a me e non me ne sono mai fatto un cruccio.

Come chi legge le mie storielle già sa, ho una cassetta postale identica, bianca, col numero 421 stampato in nero. Mi dà un certo senso di casa, anche se dentro ci trovo quasi sempre solo pubblicità, richieste di fondi di associazioni, bollette da pagare e, di recente, il plico delle schede elettorali per la Circoscrizione degli Italiani all'Estero-Nord America; non so che cosa mi metta più tristezza. Rari i biglietti e le cartoline, che però fanno sempre piacere, anche se, nell'era dell'informatica, si sono ridotti al punto tale da togliere un giorno di lavoro ai postini: niente più consegna al sabato.

Qualche anno fa ricordo che le cassette postali americane erano diffuse anche a Ferrara e provincia, anche se pochi avevano idea della funzione della bandierina rossa a lato. Contrariamente a quello che pensano molti, non serve per segnalare se c'è posta in entrata, magari evitando di uscire con la pioggia. No, qui siamo tutti seri (Anonima Banchieri, dicevo) e puritani e quindi non si fa certo gli schizzinosi per un po' di fango (visto che, col disgelo, a marzo ci affonderemo fino al ginocchio). Serve invece per segnalare la posta in uscita: si affranca la busta, si mette nella cassetta e si alza la bandierina rossa per fermare il postino che la ritira e, se ne ha, mette nella cassetta la posta in entrata.

Plichi e plichi in entrata, qualche busta affrancata in uscita: la vita si riduce a ben poco e non ci si fa più caso. Anche sepolti sotto la neve, si sopravvive, anzi: "L'inverno ci tenne al caldo, coprendo la terra in una coltre d'oblio, nutrendo una minima vita di tuberi secchi" (Eliot). Poi, quando il sole batte, tutti fuori: due spalate di neve e ci si riscalda. E basta aspettare le ombre delle quattro del pomeriggio e anche d'inverno l'animo si sgela (no, caro Montale, siamo senza limoni, qui).





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