20 aprile 2020

Cristoforo Colombo in versi

Per la prima e ultima volta tradisco l'assunto generale del mio blog di raccontare storielle, ma le tante domande di temi americani da parte degli studenti dell'Università di Urbino mi spinge a pubblicare una mia poesia scritta tre anni fa in seguito ai vandalismi alle tante statue di Cristoforo Colombo negli Stati Uniti. Non ho mai amato la retorica e solo una volta ricordo d'aver partecipato, e di grande malavoglia, alla parata del secondo lunedì di ottobre a New York; ma non credo il povero genovese responsabile di tutte le nefandezze compiute a danni delle popolazioni indigene, come molti sostenevano prima di trovare altre preoccupazioni.


Cristoforo Colombo
Non era un eroe
e non era un assassino.
Era un mercante genovese,
Furbone e traffichino,
che voleva raggiungere le Indie
e, con le spezie, il petrolio di allora,
fottere i concorrenti veneziani.
Ha sbagliato continente
perché con l'astrolabio
non si misura la longitudine;
oggi lo sappiamo.
Ha fatto le idiozie sue, brutte e cattive,
ma il grosso è roba d'altri:
Cortès, Custer. Sarebbe meglio
prendersela con loro. Il casino
è che ha fatto credere che il pianeta
fosse grande, quando invece
è proprio, ma proprio piccolino.

E lo dice uno che sta in America.

Donne al potere e paesi che vai: risposte a Martina Sorrentino, Giulia Radi e Andrea Mangiacristiani

Quando avevo vent'anni, l'internet non c'era. C'era solo l'edicolante e in quattro compagni d'università compravamo ciascuno un giornale diverso e ce li scambiavamo in aula studio a Palazzo Maldura. I ventenni di oggi sono navigatori infaticabili e s'informano di certo meglio, ma sono a maggior rischio di bufale. Perché? Perché non ci sono pasti gratis, al mondo, quindi i siti gratuiti sono sempre sospetti. Ciononostante, va bene anche leggere Forbes. E passo al dunque.

Mi scrive Martina Sorrentino che, nelle sue scorribande curiose tra le notizie del mondo (vedo però soprattutto Italia e Stati Uniti, che poi sono anche le mie entità di riferimento), riconosce comportamenti costanti: supermercati svuotati, paura, fuga dalle città infette verso la tranquillità del locus amoenus, che si chiami Sardegna o Hamptons. Forse è vero che tutto il mondo è paese, ma, ancora una volta, meglio leggere il foglio di sbieco. 

Non sono un medievista, ma, da quando leggo il Decameron con una certa regolarità, ho sempre accostato, alla splendida e credibilissima descrizione della peste, la totale improbabilità della fuga in campagna delle sette ragazze e dei tre giovanotti: nel Trecento certe cose non capitavano. L'idea della sana vita di campagna è frutto di secoli di egemonia culturale urbana, in cui l'epidemia è l'unico freno alle attività della città, da Boccaccio a Manzoni ("Scappa, scappa, untorello. Non sarai tu che spianti Milano") e Moravia ("L'epidemia", da Racconti surrealistici e satirici). Ergo: occhio all'immaginario, perché spesso prende il posto del reale. 

Andrea Mangiacristiani ha ragione quando scrive che Forbes Magazine tira un po' un colpo al cerchio e uno alla botte, perché da un lato elogia Erna Solberg, che, rivolgendosi ai bambini, ha aiutato tanti genitori a gestire tante crisi familiari, dall'altro non nomina nemmeno il robusto welfare che sta alla base del sistema Norvegia. A me, che leggo sempre di sbieco, irrita, ma non sorprende, che l'araldo del neo-liberismo deifichi la mamma di Stato e non parli dello Stato-Stato, o addirittura che pontifichi che l'insegnamento online debba diventare il nuovo standard didattico, tanto per allargare il parco degli studenti-clienti-paganti. Ogni crisi è buona per riorganizzare la scacchiera; ed Erna Solberg è conservatrice: avrà la stessa empatia per gli operai adulti? Il fatto è che le riorganizzazioni avvengono sempre dall'alto, da chi ha posizioni di privilegio e, come dice un noto mafioso della letteratura, cammina sulle corna degli altri.

Sulla sensibilità collettiva dei paesi asiatici scrive invece Giulia Radi, vedendo in Taiwan e nella Cina comportamenti più responsabili socialmente e attribuendoli alle culture più attente all'intero corpo sociale e meno alla persona. Le rispondo che il confine tra responsabilità collettiva e libertà individuale è da negoziare ogni volta e con decisa determinazione. Conosco poco la Cina, ma quando l'industria cinese Fuyao ha aperto la fabbrica a Dayton, Ohio, rilevando gli stabilimenti chiusi della General Motors, s'è capito bene il conflitto tra la cultura della partecipazione individuale degli operai americani e quella dell'autorità indiscussa e della conformazione al tutto (gestito poi dalle autorità) dei padroni cinesi. Ne parla il documentario American Factory, disponibile su Netflix. Né mi sorprende l'app che controlli gli spostamenti delle persone, anche perché mi dicono che la Cina sia una dittatura. Mi sorprende invece che questa app di controllo, senza il minimo scopo terapeutico, sia stata accettata in Italia, dove, non contenti degli arresti domiciliari della popolazione, si è arrivati al controllo capillare e alla distruzione delle libertà individuali. Avremo un potere centrale che saprà in quale cesso andremo a pisciare, ma non sarà in grado di fare niente se ci saremo ammalati; e magari ne sarà addirittura lieto. 

Infamia, inganno e tradimento: a una certa età, tutto il mondo è Pavese.

18 aprile 2020

La vergogna di Trump e le nazioni sessuate: risposte a Giulia Radi e Marco Casanova

Oggi rispondo alle ultime lettere degli studenti dell'Università degli Studi di Urbino. Giulia Radi scrive che, secondo lei, è una vergogna che il Presidente Trump non si adoperi sino in fondo per la salvezza dei suoi cittadini. Rispondo, in sintesi, che, nonostante le sue tante vergogne, Trump incarna comunque lo spirito del capitalismo di frontiera, per cui ogni cosa va trasformata in denaro: "Fiat munus, pereat mundus". È il crimine che la storia americana perpetra da secoli: sfruttare il mondo per trarne un guadagno. Anche oggi, chi ha fatto incetta di mascherine e salviette disinfettanti e le vende in internet a dieci volte il prezzo non viene punito a norma di legge, ma trattato da libero imprenditore. 

Chi ha eletto Trump, nel 2016, s'era sentito abbandonato e tradito da un establishment sempre più lontano dal proletariato e sempre più borghese, in totale sintonia con l'idea dell'accumulo di capitale come segno di merito individuale e quindi predestinazione alla salvezza eterna, nell'incrocio di calvinismo e capitalismo che Max Weber spiega meglio di me. Chi lo vuole eleggere ora pensa che il Covid-19 sia una gran balla fatta apposta per controllare la gente e togliere le libertà costituzionali, come molti credono anche in Italia (vecchi giornalisti, giovani filosofi) che ritengono Trump il grande eroe che combatte la cospirazione mondiale guidata da Bill Gates, grande arci-architetto della pandemia attuale. Ci vorrebbe un po' di igiene mentale, ma non c'è. 


Marco Casanova mi scrive una lettera molto complessa in cui esprime il suo punto di vista sugli attuali stili di governo delle nazioni affette dalla pandemia applicando le teorie di Geert Hofstede e incrociando le identità maschili / femminili dei vari paesi del mondo secondo le sei dimensioni della cultura nazionale e l'identità di genere psicofisiologica (cis-gender) dei capi di governo. Non so che rispondere, se non che apprezzo l'ipotesi e invito Marco Casanova a sviluppare il suo assunto in un articolo di buona letteratura scientifica, di cui è di certo capace. 


Ecco, però: io forse sono interessato ad altro e l'ho scoperto in questi giorni nella pagina Facebook della mia collega Nadia Urbinati di scienze e filosofie politiche della Columbia University. In un suo post, Nadia commentava che sicuramente i vari governanti, scienziati e quant'altro faranno a gara su chi aprirà prima le strutture produttive e amministrative o su chi inventerà il vaccino per primo, cioè chi si mostrerà più efficiente. Nelle tante repliche, io osai contraddire addirittura Adriana Cavarero, una delle filosofe fondanti del pensiero della differenza sessuale in Italia. Riporto botta e risposta:


Adriana Cavarero E’ un atteggiamento tipico dei maschi: può sembrare una banalità ma c’è un’ampia letteratura scientifica su questa fenomenologia.


Andrea Malaguti È un atteggiamento tipico dei maschi coglioni. Può sembrare una banalità, ma ci sono secoli di saggezza sommersa in merito.


Sono sicurissimo che Adriana Cavarero ha ragione, ma alla letteratura scientifica preferisco la saggezza sommersa. Dev'essere l'età...

15 aprile 2020

Uomini e donne al potere: risposta a Giulia Eugaddi

Mi scrive oggi Giulia Eugaddi, dell'Università di Urbino:

According to Forbes, the pandemic going on around the world nowadays seems to be more controlled in some areas of the world where roles of power are covered by women, and it’s not a coincidence.

Scientific data show that women have an alternative style of leadership compared to men, based on collaboration and harmony. Therefore, they don’t obtain respect by blaming others for their mistakes, preferring to emphasize collaboration rather than conflict. This new style of leadership is in stark contrast with the general assumption that successful women cover top management positions just because they are emulating men, pointing out, especially in humanitarian emergencies, how this alternative way of problem-solving performs extremely well.

In particular, this article is showing us that several countries in northern Europe such as Finland, Norway or Germany, and some others in the opposite part of the world, like New Zealand and Taiwan have in common just one thing: women leaders. Indeed, what these female-driven governments did was to promptly put into action effective policies to prevent their citizens from getting sick and simultaneously communicate to all the members of the society, starting from kids, how to stay safe during the pandemic.

Genuinely, an opposite decisional process compared to men leaders such as Trump or Bolsonaro, that have opted for an aggressive strategy that seems not to be working so well, especially in the US where the number of infected people is increasing. (see Trump’s reaction to Fauci’s comments about the virus)

Witnessing the process of women making the first step in the historically male-dominated fields such as politics, make us hope that gender disparities will disappear in the foreseeable future in order to create an equal society able to understand the positive aspects of each gender.

“Leadership is based on elements such as intelligence, curiosity, empathy and integrity. Qualities that have nothing to do with gender”

Resources:

https://hbr.org/2020/04/7-leadership-lessons-men-can-learn-from-women

https://www.forbes.com/sites/avivahwittenbergcox/2020/04/13/what-do-countries-with-the- best-coronavirus-reponses-have-in-common-women-leaders/#556074a3dec4

Intanto, devo subito segnalare un'inesattezza: non ci sono dati scientifici a definire lo stile femminile di gestione del potere, ma solo valutazioni anche attente e per molti versi corrette dei giornalisti di Forbes. Quindi non c'è niente di incontrovertibile (né di falsificabile, direbbe Popper). Vero: le donne al potere hanno dichiarato uno stile molto più adatto e consono all'emergenza Covid-19 rispetto ad altri uomini al potere.

Il problema è che il condivisibilissimo pistolotto finale, cioè che le qualità fondamentali di un leader, (intelligenza, curiosità, empatia e integrità) siano equamente distribuite tra uomini e donne, è in chiara contraddizione con le tesi (altrettanto condivisibili) degli articoli, cioè che le donne dimostrino queste qualità e gli uomini no. Potrei rispondere che, quarant'anni fa, a spingere sul pedale dello stoicismo e dell'individualismo ("society does not exist") era proprio una donna, Margaret Thatcher, che uscì dall'ombra sconfiggendo con l'esercito le pretese argentine sulle Isole Falkland e convincendo così del proprio valore e soprattutto della propria determinazione il conservatore maschilista Enoch Powell, un Trump che conosceva il greco antico.

Risponderò invece che la tesi implicita (e in sé condivisibile) che ci vorrebbero più donne al potere va raffinata. In realtà, le donne non mancano; e non tutte si comportano come vorrebbero far credere gli articoli. Sarah Huckabee Sanders, già addetto stampa di Trump, e Betsy DeVos, ministro (ministra, se volete) dell'istruzione sono borghesi e razziste quanto il loro capo di gabinetto, se non peggio. E io non mi sono mai fidato nemmeno di Hilary Clinton.

È altrettanto vero, però, che c'è un razzismo e un sessismo residuale fortissimi e che almeno dall'epoca dell'amministrazione Reagan (la controparte americana di Margaret Thatcher) l'idea del potere s'è avviluppata sul modello del sopruso violento. Trump è stato eletto proprio perché nel suo show televisivo "The Apprentice", dava corpo proprio al capetto-kapo facile al sopruso e al mettere i suoi dipendenti l'uno contro l'altro, dandola vinta a chi faceva la voce più grossa e aveva il coraggio di essere violento. Chiunque abbia una pratica minima anche solo di lavoro di gruppo sa benissimo che si va avanti a sforzi collettivi e non a rivalità interne; ma la lotta di tutti contro tutti risponde alle paure più recondite di una cultura che vede nelle armi un bene di rifugio e nel maschio armato il baluardo estremo a difesa di quella che Giorgio Agamben chiama "vita nuda".

Il comportamento di Donald Trump, purtroppo, non ha spinto gli americani ad esaminare il loro subconscio e a fare i conti con la violenza originaria da cui sono sorti, cioè il genocidio delle popolazioni indigene in virtù (lo dicevo anche rispondendo a Sara Quaranta) di un destino manifesto della nazione americana, che doveva espandersi verso ovest. Chissà perché, a me il falso biondo di Trump ricorda la chioma iconica del Generale Custer, uno degli uomini più crudeli della storia. Però questo è un altro capitolo.

11 aprile 2020

Tradire i padri fondatori: risposta a Sara Quaranta

Rispondo pubblicamente alle osservazioni di Sara Quaranta, studentessa di letteratura e cultura angloamericana dell'Università di Urbino, pervenutemi a mezzo della Professoressa Alessandra Calanchi:

Today, on reading some newspapers online, I was very impressed by the news coming from the USA: in Hart Island, near the Bronx, there are mass graves that are used to bury the bodies of those who can't afford a place at the cemetery. We are living in an unreal time but unfortunately it's all true, many people are losing their lives, including those who save human lives, the doctors; it is the proof that no one escapes from this virus. The United States is the most affected country and sadly the economic factor is making the situation worse; in fact, not everyone has health insurance and for this reason many people will not be able to face the necessary treatment to recover from Covid-19. A 17-year-old boy in California died because he did not have health cover and doctors refused to treat him. These events made me understand two things: the first one is that we Italians should all be less angry with our country, because despite the political-economic problems, we have one important thing: the possibility of receiving treatments thanks to Public Health. It seems a small thing, but it is not! The second thing is that the Americans in the next presidential elections should elect a President who can guarantee them this right, which in my opinion is a human right that ensures human dignity. In the Declaration of Independence there was written: "We hold these truths to be self-evident, that all men are created equal, that they are endowed by the Creator with certain unalienable Rights, that among these are LIFE, LIBERTY and the pursuit of HAPPINESS. This means that the Founding Fathers had a very different image of America than the one it is today; more inclusive, more egalitarian and above all more RIGHT. Life, Liberty and HAPPINESS is everything that every human being hopes to have; they are fundamental rights.

Riassumo per i pochi che non leggono l'inglese (buono, peraltro) della nostra Sara: di fronte alle fosse comuni di Hart Island, l'isola a est del Bronx dove trovano sepoltura gli indigenti senza famiglia né sostentamento, e al rifiuto delle cliniche private di curare il diciassettenne californiano, dirottato verso i rari ospedali pubblici e quindi morto nel tragitto in ambulanza, gli italiani dovrebbero apprezzare l'accesso alla loro sanità pubblica e incondizionata e dall'altro gli americani dovrebbero votare per un presidente che gli garantisse un pari diritto. Perché, aggiunge, l'America ha tradito lo spirito della sua costituzione, che dovrebbe garantire il diritto alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità.

Cara Sara, su tutto quello che dici trovi tanti, tanti americani d'accordo con te; lo sono anch'io sulla sanità pubblica italiana (ho avuto un padre medico ospedaliero a tempo pieno) e sulla necessità di qualcuno di diverso alla Casa Bianca. Però, se ogni tentativo di rendere pubblico il sistema sanitario americano è fallito, forse la ragione si trova proprio nelle parole della costituzione. Ogni tanto bisogna leggere tenendo il foglio di sbieco, come nel quadro di Hans Holbein "Gli ambasciatori" (1533), in cui la massa informe e sospesa in basso sfugge alla nostra comprensione; ma, se guardiamo la massa di sbieco, appunto, ci accorgiamo che è un teschio. Se poi guardiamo gli altri elementi del quadro, ci accorgiamo che al liuto mancano le corde e che tanti degli strumenti sullo scaffale più alto sono rovesciati. Insomma, la missione degli ambasciatori è fallita.

Leggendo di sbieco proprio le frasi della costituzione americana, bisogna tenere conto di una premessa sottintesa: "Per noi, non per gli altri". La vita, certo, perché in Inghilterra c'era ancora la pena di morte e si finiva impiccati; ma a passare per le armi gli indigeni del continente americano, i padri pellegrini non ci hanno pensato un attimo. La libertà, ma gli schiavi africani erano rapiti, comprati e venduti. E la ricerca della felicità, che poi si riduce al benessere materiale, anche a costo di sottrarre risorse agli altri o alla natura; tanto, la frontiera è ampia e di spazio ce n'è. L'America ha una missione nel mondo e un destino manifesto: il west va conquistato e coltivato, dando a ogni contadino dell'est il suo pezzetto di terra e decimando le nazioni indiane e riducendo i superstiti alle poche miglia quadrate delle riserve.

"Per noi, non per gli altri" è il ritorno del represso che oggi si trova in forma di reale nella politica americana attuale, divisa tra chi chiede di essere riconosciuto come partecipante al dibattito democratico e chi invece difende i privilegi ereditati come diritti acquisiti per merito. È impensabile pensare che le due parti non siano in conflitto, oggi, visto che lo erano anche ai tempi dei Founding Fathers.